Sport vision,le scienze visive al servizio dello Sport

autore: prof. Vittorio Roncagli.

Se dovessimo verificare testi o tabelle, sulla metodologia dell’ allenamento sportivo,
noteremmo che, la quasi totalità dei testi, prevede esercizi fisici aerobici ed anaerobici,
preparazione teorica ed allenamenti sul campo, ma molto raramente si assiste a
e programmi di allenamento sportivo che abbiano dei riferimenti specifici nei confronti
della funzione visiva, per non confondere con la propria: acuita visiva.
Partendo da questa osservazione, si dovrà dare, fin da subito, la giusta considerazione a
~ questa "nuova" argomentazione, che nell’insegnamento compound (e non solo) si sta
sempre più rilevando indispensabile, anche per il tipo di "apparato" di mira che
quest’arco ha in dotazione, rispetto all’olimpico.
 

Il feedback visivo e’essenziale per apprendere

  L’apprendimento in generale e’ largamente basato sulla percezione visiva.
L’esecuzione di un processo di adattamento avviene tramite un continuo feedback
sensoriale attraverso il quale, ogni parte del corpo colloquia con il cervello, inviando e
ricevendo informazioni nervose. 
Gli studi effettuati, hanno dimostrato che molte funzioni motorie, in particolare quelle
finalizzate ai gesti accurati, fanno un utilizzo enorme di feedback visivo.
La percezione visiva produce un feedback verso se stessa e verso gli altri processi
sensoriali, generando una personale conoscenza sull’ adeguatezza e l’efficacia dell’azione
compiuta, che verrà di volta in volta, conseguentemente modificata e migliorata. (anche
nel nostro sport questo processo non ha mai fine).
Il feedback, prodotto dal sistema propriocettivo e da quello visivo ha due importanti ruoli
nel controllo del movimento:
Guidare la traiettoria del corpo o degli arti.
 Effettuare aggiustamenti fini, per completare il gesto.
 
Commettiamo così tanti errori, che molti di essi passano a noi stessi inosservati,
 caratterizzando ogni nostro gesto come un continuo susseguirsi di: agire-correggere-agire,
 fino al raggiungimento dell’ obiettivo 0 al compimento dell’azione.
Il continuo feedback che regola e corregge il nostro agire ci porta, sulla base degli errori e
delle relative correzioni a "completare" finalmente il nostro gesto.(nel tiro con l’arco la 
"difficoltà "consiste nel gesto che va ripetuto migliaia di volte )
Il numero e la precisione di ogni correzione effettuata caratterizza il risultato finale al punto 
che alle volte effettuiamo la cosa giusta ma al momento sbagliato; altre volte al momento
giusto ma nel modo sbagliato.
Effettuare il gesto di reazione e il fenomeno che segue i processi mentali e che si realizza
con l’inizio del gesto stesso.
Il gesto compie una certa escursione prima di raggiungere lo scopo ed i processi fin qui 
descritti si ripetono e vengono continuamente "monitorati" per tutto il procedere
dell’azione fino al momento in cui la portiamo a termine.
Un continuo feedback alimenta la comunicazione fra il cervello e tutto il nostro corpo, ed il 
livello di coordinazione fra la percezione visiva ed i movimenti del corpo ci permette di
differenziare una reazione motoria accurata da una, invece imprecisa.
E’in questo stadio che, pur con fenomeni percettivi precisi e veloci ma con una condizione
fisica non confacente ai gesti da compiere, I’esito dell’azione può produrre un risultato
inferiore alle aspettative.
Lo stesso scarso risultato, può verificarsi anche quando la condizione fisica e ottimale, ma
I processi percettivi non sono sufficientemente precisi, veloci ed integrati fra di loro. 
 
La postura e’ definita da molti specialisti che si occupano di rieducazione motoria e
funzionale, come “quell’insieme di risposte motorie" che riflettono la reazione  
dell’individuo con la forza gravitazionale.
Essendo la postura una "risposta motoria" 
Essa é inevitabilmente interconnessa con le funzioni sensoriali.
Tali fenomeni sono espressione della funzionalità dell’organismo, inteso come tutt’uno,
nel quale distinguiamo abilità fisiche, percettive e mentali che il tiratore ha sviluppato
nel corso della sua crescita.(ulteriore conferma dell’applicare un metodo d’insegnamento
che rispetti gli inserimenti in ordine cronologico).
Condizione fisica- processi sensoriali- processi mentali, sono tre entità  all’interno di un
unico fenomeno: il rendimento globale dell’individuo.(per noi e’ molto complesso in quanto
la "stagione agonistica"non ha particolari e significative soste).
Noi, nel nostro sport potremmo tranquillamente semplificare il tutto chiamando questa
fase: sequenza.
 
Considerare uno solo di questi fenomeni, significa affrontare in modo limitato la
performance del tiratore e ridurne le effettive capacita di miglioramento, tecnico—agonistico
e caratteriale.(mentale)
Ora, sempre restando in tema di percezione visiva andremo a trattare un altro argomento
per noi indispensabile : I’equilibrio.
 A qualcuno potrà sembrare un "fuori tema" e la domanda potrebbe sorgere spontanea :
....... cosa hanno a che vedere postura ed equilibrio con la percezione visiva?
La risposta sarà altrettanto spontanea ed esaustiva, in quanto postura ed equilibrio sono il
"frutto" di un lavoro immane di continua correlazione tra visione e rilevazione.
Se consideriamo che il nostro sport necessita di precisione finale, passando da un
rilevante sforzo fisico, si evidenzia ancor più la necessita di mantenere solido il nostro
equilibrio.
L’EQUILIBRIO.
L’equilibrio é la capacita di confrontarci in maniera efficace ed economica con ciò che
costituisce l’elemento fondamentale dell’ambiente che ci circonda: la forza di gravita.
Il nostro sistema di equilibrio si e’ sviluppato per poter continuamente controllare le forze
gravitazionali, costante fisica sulla quale basiamo la nostra percezione.
La gravita non e’solo una forza fisica della natura ma, dal punto di vista sensoriale, va
intesa come la principale forma di stimolo per il labirinto.
Nel momento in cui controlliamo il nostro equilibrio, noi stiamo effettivamente contrastando
le forze gravitazionali che ci porterebbero a perderlo e conseguentemente a cadere o a
scomporci.
 Nello stesso tempo in cui riusciamo a contrastare le forze gravitazionali, mantenendo
l’equilibrio, stiamo in realtà effettuando un azione di controllo su di esse.
L’equilibrio ci fornisce il fulcro attorno al quale tutti i nostri movimenti motori sono
so organizzati ed attraverso i nostri vari sistemi muscolari ci e’ permesso di mantenere Ia
postura eretta.
In realtà il nostro sistema di equilibrio e’ attivato anche quando siamo seduti o distesi,
anche se in tali condizioni il livello di attivazione e più basso e I’energia impiegata e
inferiore, in quanto meno masse muscolari sono attivamente coinvolte.
 Molte risposte posturali sono in realtà delle risposte antigravitazionali, ovvero, un
movimento o una posizione che preservano il corpo.
ln ogni caso il nostro sistema di equilibrio, misurando la gravita e confrontandosi con essa,
ci fornisce la coordinata verticale del mondo che ci circonda, quella sulla quale basiamo il
nostro stato posturale nella posizione eretta, l’unica vera coordinata verticale siamo noi.
 
L’equilibrio e’una funzione molto complessa; schematicamente lo si può definire come il
risultato finale di una serie di sistemi funzionali riccamente correlati e finemente integrati  a
livello del sistema nervoso centrale e dell’apparato muscolo-scheletrico.
Il risultato di questi fenomeni fa si che in ogni momento il nostro centro di gravita, il
baricentro, si proietti sempre all’interno di una certa area.
Elemento fondamentale per l’acquisizione di un adeguato rapporto con la gravita, e’ una
corretta posizione del capo: ciò e’ reso automaticamente possibile da una serie di
informazioni che vengono integrate dal nostro sistema nervoso.
Innanzi tutto le informazioni visive, come ad esempio: I’orizzontalità dello sguardo,
l’ampiezza del campo visivo, il livello di coordinazione binoculare.
A tutto ciò si aggiungono le informazioni provenienti dal sistema vestibolare, vero e proprio
rilevatore della posizione della testa nello spazio, sia in senso statico che dinamico.
Il cervelletto ne costituisce il grande elaboratore, ma anche il rachide cervicale, con la sua
ricca struttura articolare e muscolo-tendinea, e’ un importante informatore-condizionatore
del nostro equilibrio.
In realtà possiamo affermare che tutto |’apparato muscolo-scheletrico e’ chiamato a dare  
informazioni necessarie al nostro sistema nervoso, attraverso i ricettori di pressione, di
stiramento, di tensione, di torsione, che informano il cervello sullo stato delle varie parti
del corpo impegnate.
Tutte queste informazioni sarebbero inutili se non disponessimo pero di adeguati
meccanismi di risposta motoria quali la precisione del gesto e la coordinazione dei
movimenti,
Ciascuno può rendersi conto di quanto facile sia trovarsi in certe situazioni difficili, come
camminare su un asse di equilibrio e mostrare un equilibrio precario; i gesti appaiono
impacciati, goffi e scoordinati.
La funzione automatica fino a qui descritta, diviene precaria e faticosa fino ad impegnare
totalmente ogni nostra riserva come in tutte le capacita di adattamento all’ambiente,
dovute a sistemi funzionali, anche I’equilibrio può essere recuperato e migliorato
attraverso l’affinamento delle componenti che abbiamo enumerato:
 
- CAPACITA’VISIVE - VESTIBOLARI - NEURO MUSCOLARI
 
Equilibrio e funzione visiva.
Molte parti del corpo hanno duplici funzioni, molto diverse fra di loro.
La bocca serve per mangiare ma anche per parlare, il naso sempre per respirare ma anche
quale organo olfattivo, |’orecchio serve per udire i suoni ma la sua parte più interna e
indispensabile per l’equilibrio del corpo.
Anche gli occhi hanno diverse funzioni: oltre essere gli organi sensibili alle fonti luminose
ed a molti altri "lavori" specificatamente visivi. i muscoli oculomotori giocano un ruolo
importante nel senso di stabilita e di orientamento del corpo.
Se i muscoli oculari e quelli del collo (come esempio) non "dialogassero" tra di loro, noi
saremmo continuamente disorientati semplicemente ruotando o inclinando la testa.
Se ll sistema vestibolare e quello visivo funzionassero separatamente, ovvero se il nostro
senso di verticalità e di orizzontalità dipendessero solo dall’orecchio interno oppure solo
dalle immagini retiniche, vedremmo il pavimento o i muri ruotare ogni volta che incliniamo
o ruotiamo la testa.
In realtà i due sensi collaborano fra di loro in modo tale che ciascuno dei due compensi
variazione apportate dall’altro al fine di ottenere un certo equilibrio percettivo ed il senso
di equilibrio (stabilita-sicurezza).
Il fatto stesso che il nostro equilibrio sia migliore con gli occhi aperti piuttosto che chiusi,
e’una prova semplice ma evidente che la funzione visiva contribuisce, moltissimo a
mantenere il concetto di verticalità, anche se di fatto, la percezione visiva e continuamente
messa in relazione con i parametri posturali del nostro corpo.
La posizione, la rotazione, I’inclinazione della colonna vertebrale e della testa, la posizione
degli arti, sono parametri con i quali la percezione visiva deve continuamente
confrontarsi.
Ma questo e’ solo un esempio molto drastico, se provassimo invece a limitare le nostre
 informazioni visive, anzi che a sopprimerle totalmente, ci accorgeremmo di quanto Io stato
di equilibrio dipenda dalla nostra percezione visiva periferica piuttosto che da quella
centrale.
Vedere nitido ciò che abbiamo di fronte serve ben poco per mantenere un buon
equilibrio.
Possiamo considerare la funzione visiva come un sestante che ricava l’orizzonte,
tracciando un angolo retto dall’asse verticale e cosa esiste di più sicuro, stabile e costante
senso di verticalità se non la forza  gravitazionale.
la verticalità e’ quindi l’interazione dinamica dl tre sistemi:
              Il sistema vestibolare che risponde alle forze gravitazionali.
              Il sistema propriocettivo che risponde agli stimoli generati dal nostro corpo.
             Il sistema visivo che risponde alla luminosità, ma soprattutto cuore della
              trasmissione di dati "condizionanti" (immagini gradite e non).
Un albero, per esempio, viene percepito verticale anche se lo guardiamo con la testa
inclinata, anche se questo e’ in disaccordo con le immagini che si formano sulle retine dei
nostro occhi, che sono inclinate.
Se la percezione del mondo esterno dipendesse solo da informazioni unicamente legate
alle fonti luminose che colpiscono i nostri occhi, quando abbiamo la testa inclinata le
immagini dell’ albero sarebbero inclinate in funzione della rotazione del corpo e della testa.
In realtà, anche in tali condizioni, percepiamo I’albero verticale e percepiamo noi stessi in
posizione inclinata.
Il nostro senso di direzionalità orizzontale é più fragile di quello verticale.
Una dimostrazione pratica e il fatto che in casi molto rari ci capita di scambiare l’alto con
 il basso, o viceversa. Più o meno frequente e’ capitato invece a tutti di scambiare destra
con sinistra.
La percentuale di bambini che durante i primi anni scolastici hanno problemi di inversioni e
m scrivono da sinistra a destra, oppure scambiano orizzontalmente la lettera "b" con la "d" ,
oppure la "p" la "g”, in rappresentanza un valore significativo, noto a tutti gli
insegnanti di scuole elementari.
Raramente,invece ,capita di osservare bambini che scambiano la lettera "p" con la lettera
"b"o commettono errori di verticalità.
 
Chiarito che I’equilibrio e’ un fenomeno dinamico,movimento ed equilibrio possono
essere intesi come unico fenomeno giacché qualsiasi situazione di equilibrio viene
mantenuta con una forma di movimento, visto che il movimento e la continua  
perdita e riconquista dell’equilibri0,mediante (brevi o lunghe) contrazioni e
decontrazioni neuro muscolari che ci conducono fino al compimento del nostro
gesto .
 
A questo punto potremmo tranquillamente affermare che:
L’EQUILIBRIO E’ UN PRE-REQUISITO DEL MOVIMENTO.
 

 

Tutto questo nasce nel tentativo di unificare su territorio nazionale un metodo e
cercare di portare nell’insegnamento stesso, un’unicità di linguaggio e di concetti,
oltre che di preparazione, facendo in modo che nei corsi, indipendentemente da chi
stia "operando", sia il metodo stesso a"pagare" e non tanto la specifica conoscenza
del docente o dell’ istruttore.
Ritengo doveroso rimarcare, che le materie trattate in questo manuale, con relative
note, necessitano, per una loro specifica ed opportuna applicazione, di un’attenta
elencazione in un ordine tassativamente cronologico.
A tal proposito le pagine che andremo a leggere sono frutto di esperienze che
hanno ulteriormente confermato I’importanza d’interventi corretti, nei tempi giusti.
 
ll raggiungimento di un traguardo, molto spesso, non viene da ciò che conosciamo,
ma da come utilizziamo, anche in maniera “cronologica", tali conoscenze.
 
L'approfondimento precoce, in largo anticipo nel corso dell’apprendimento, può essere
rischioso o improduttivo.
Tale rischio, spesse volte, determina nella testa del neo tiratore, una aspettativa
inevitabilmente alta rispetto alle sue attuali e reali capacita d’esecuzione.
Questo "passaggio", troppo spesso, potrebbe determinare una ricerca esasperata della
prestazione a tutti i costi, ispirandosi anche a tecniche di tiro "altrui" o peggio ancora,
ricercando, in una costosa e inutile corsa all’acquisto dell’accessorio magico, l’ipotetica
prestazione da campione.
Questo rischio e maggiore nei giovani che solitamente per carattere, sanno poco
aspettare, ecco perché sarebbe opportuno da parte nostra (addetti ai lavori), un’ampia
conoscenza della materia, inserendo noi per primi, nelle solide "curve del nostro
sapere", stazioni didattiche, nelle quali soffermarci opportunamente ed in queste "soste"
solidificare il tutto
 
 Bisognerà sempre, tenere ben presente che nel corso di una lezione, specialmente se si
ha che fare con gruppi di tiratori(4/6, formazione del gruppo), il passo da tenere dovrebbe
essere il passo del discente medio, ecco perche il progredire, senza rispettare un preciso
ordine cronologico nell’esposizione, potrebbe rivelarsi pericoloso per il resto del gruppo.
Se la nostra massima attenzione deve essere rivolta all’inserimento di corrette tecniche
nel giusti momenti, questo non ci deve distogliere dall’attenzione che dobbiamo porre
nell’illustrazione dei materiali che compongono il "corredo" di un tiratore compound.
Ho riscontrato troppe volte in corsi a neofiti e non, il grande divario tra la poca conoscenza
della propria tecnica di tiro o della tecnica in generale, rispetto alla forse esagerata lista di
conoscenza di prodotti o di materiali e del loro impiego.
Niente da eccepire, su alcune innovazioni che negli ultimi anni hanno senza dubbio
 elevato le prestazioni medie dei tiratori in giro per il mondo, ma la troppa
"sperimentazione", porta il tiratore a non ritrovarsi più, ma soprattutto lo distoglie da quello
che dovrebbe essere I’unica sua preoccupazione:
...fare centro migliorando sempre la propria tecnica, solo dopo,nella conoscenza specifica
dei materiali e del loro settaggio.
Andando a concludere, bisogna anche ricordare che nuovi prodotti e nuovi modelli di
compound devono, quasi sempre, adattarsi a tecniche di tiro che abbiano già "trasmesso"
al nostro arciere, grande sicurezza e consapevolezza.(sequenza propria).
 A tal proposito mi ricordo un "aneddoto" che un grande allenatore del passato era solito
ricordare a tutti gli arcieri che si "perdevano" in questo pericoloso "percorso".
Prima chiedeva a tutti; arcieri, istruttori presenti, quanto era, secondo loro la percentuale
d’incidenza tra la tecnica (arciere) e l’importanza o l’influenza dei materiali.
Quasi all’ unanimità la risposta era:
novanta per cento l’arciere e dieci per cento il materiale.
Perche allora, affermava (ed io, ancora oggi ne condivido lo spirito) impegnate il
cinquanta per cento del vostro tempo in allenamento ( forse anche più) lavorando su di
una cosa che arriva ad incidere appena il dieci per cento?
Rispettate le percentuali anche in allenamento e noterete subito la differenza

 nel tirare con l’arco, piuttosto che tirare per I’arco

Un ringraziamento particolare a Flavio Valesella per i testi